venerdì 13 maggio 2011

Marco Furia su “Essere e abitare” di Tiziano Salari, Moretti & Vitali, 2011

Con “Essere e abitare”, Tiziano Salari svolge un complesso percorso in cui diversi campi dell’espressione umana, principalmente poesia e filosofia, vengono, per così dire, proposti in maniera nello stesso tempo congiunta e disgiunta.
L’itinerario assai articolato, ricco di lucidi spunti, presenta tratti conformi e difformi rispetto a un’idea ontologica messa, essa medesima, in discussione.
Si parla di “essere” e di “verità” in quella certa maniera assidua e problematica che induce a pensare al significato, ossia a come tutti i concetti convivano in ogni modo nell’àmbito dell’umano linguaggio.
E se i suddetti due elementi non esistessero? Se non facessero parte del nostro idioma?
Questo interrogativo pare emergere, nemmeno troppo per assurdo, da una scrittura intrigante ma precisa, in cui si avverte la presenza del dubbio o, più correttamente, dell’enigma.
Qual è il senso di queste fitte trame?
La risposta, a mio avviso, bene si mostra nello stesso intento dell’autore, consistente nell’accumulare materiali, selezionarli, sottoporli ad acute analisi e, soprattutto, offrirli ad altri, renderli disponibili a infinite aggiunte.
Le vicende, così, come dicevo all’inizio, unite e distinte, diverse e simili, vengono a costituire proposte di significato.
Fattezze davvero democratiche si riscontrano in questa prosa (non a caso, in forma di dialogo) tutta rivolta a sollecitare molteplici risposte.
Il significato non si esaurisce, perché la parola non batte mai su se stessa, bensì provoca ulteriori sviluppi, discorsi, narrazioni, senza tuttavia spiegare l’enigma in cui vive.
Una scrittura, in sostanza, che dice e contemporaneamente chiama in causa, non escludendo a priori nessuno.
Da siffatto punto di vista, i grandi della letteratura e della filosofia possono essere quasi considerati benefici promotori, cioè individui capaci d’indurre a fertili riflessioni chiunque voglia ascoltarli, indicando atteggiamenti utili a far maturare proficue consapevolezze.
La vita non si può spiegare, nondimeno si può senz’altro dire, ossia mostrare tramite lingua d’uomo.
Il soffermarci con consistente impegno su queste pagine, perciò, ci metterà in grado d’illuminare nei lineamenti di poeti e pensatori del passato aspetti dell’oggi e a ravvisare nella responsabilità quotidiana della comunicazione il tratto decisivo del nostro stare al mondo.
Il tempo, allora, non più cronometrico tiranno, verrà vissuto quale elemento in cui l’essere tende a identificarsi con l’abitare (lo indica bene Tiziano, già nel titolo, con quella congiunzione “e” volta a suggerire analogie, parentele, corrispondenze).
Occorre comprendere come talvolta le contrapposizioni possano nuocere, impedendo di vivere assieme differenti dimensioni e inibendo il riconoscimento di fisionomie affini, non separate da perimetri invalicabili: “Filosofia e poesia s’intrecciano e si sovrappongono nel mio pensiero, anzi direi che tendono a coincidere. Ma so anche che nella nostra tradizione, a partire da Platone, esse sono state contrapposte con nettezza”.
Una propensione all’oscurità?
Al contrario, una vivida attitudine alla chiarezza quale esito di un esame attento, rigoroso, ma anche partecipe, appassionato, tale da far convivere, in maniera feconda, dimensione speculativa e affetto.
Un tipo d’esame, insomma, da favorire senza riserve.

                                                                                                          Marco Furia

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