mercoledì 16 novembre 2011

Alcune poesie di Giannino di Lieto da “Opere” Interlinea, 2011


Dal bel volume “Opere”che raccoglie le poesie e i testi di Giannino di Lieto, con saggi di Giorgio Bàrberi Squarotti, Maurizio Perugi, Ottavio Rossani, Luigi Fontanella, edito da Interlinea, 2011, proponiamo dalla raccolta “Punto di inquieto arancione” (1972) tre poesie, le quali contengono alcuni punti cardine dello stile poetico del nostro autore: la mancata articolazione sintattica, la paratassi senza soluzione di continuità, la scomposta giustapposizione, il frantumarsi dell’unitario senso. Se ne trae la sensazione che quella descritta sia una materia deteriorata e la sua ricomposizione, pertanto, non attuabile: la realtà mostra un livellamento tra ciò che è meccanico e ciò che è umano, provocando disappunto, profondo disagio esistenziale.
Nelle poesie che presentiamo vi è un consistente presenza di parole che esprimono tale insostenibile condizione: “urlo”, “stranezza”, “errore”, “cancrena”, “malafede”, “scomparsa”, ”rovine”, “fiamme”, le quali stridono con altre parole, appartenenti a un diverso insieme che pure sono presenti nei testi: “equazioni”, “massa”, “luce”, “altezze”. Sfregamenti, schiocchi, colpi di frusta che s’intrecciano con l’identico e il diverso smangiucchiati dal nulla, con un tempo che non ritorna eternamente,  anche se quel fiume, presente nella poesia “Scienza del nome” è simbolo di ciò che è transitorio, che muta, e che Hölderlin, secondo la lettura di Heidegger, nomina soltanto, sfuggendo così alla cappa metafisica. Insomma, lo scenario che la sensibilità di Giannino di Lieto tratteggia in maniera battente è in qualche modo una macchia, qualcosa d’informe, che non riesce ad assumere la configurazione delineata da Heidegger, nonostante di Lieto ne condividesse gli assunti filosofici, di una raggiungibile condizione di abitabilità del mondo. Vi è sfiducia nel potere della razionalità, se essa è rappresentata dai prodotti scientifici, così come vi è sfiducia nell’universalità della determinazione umana a condividere medesimi intenti. Né la contemplazione della natura assicura l’alterità necessaria a costituirsi come altro: se le costellazioni si succedono sopra la nostra testa, la terra, pure, sembra non abitabile. E ciò nonostante Giannino di Lieto ne registri sconnessure e strappi, lacerazioni e ribellioni, queste sì con piglio non vinto: a prescindere dall’esito, la disposizione critica terrà insieme il testo. 


Scienza del nome

Sostare identico e diverso questo silenzio concluso dal nulla
ovunque si genera come un ritorno lasciato indietro
tempo dell’ombra saggia idee infedeli convengono in volumi
e tuttavia continua a specchiarsi onda di necessità
un modo contro e attraverso altezze di un urlo
la congiunzione di un apprendista ribelle per caviglie
un soffio dal fango dopo tutto così facile vivere
l’esalta una stranezza d’alberi che i bambini corrono a ventaglio
sul cuore di un fiume complesso porta il nostro nome
ammucchiata attesa tanto non appaia l’errore della luce
un riscatto di storie reali dal fondo baldanzoso.

Dicembre 1970 – Maggio 1971

Dipendenza dei termini

Divisione dei cervelli mostra l’eguale pigmento del dominio
come una febbre conduca negoziati, marinai stranieri
battono scalmi in equazione massa buio
                                                               per anticipare un certo flusso
cancrena sul ponte fu la puntuale malafede dunque affrettando
dal golfo i segnali poiché il fuoco naviga il verso del salmo
l’equinozio scandagli sul dorso dei granchi
quartieri del globo colpiti da cecità.

Settembre 1970

Eredità dell’esedra

In questo sta l’azione del buio come un fratello
in cima alla torre sciupata nell’interno
torce accese o sogno sopraffatto, liberarlo
segreto d’acque e la parola su uno specchio ovale
fantasticherie oscillano nel cratere vivo della nascita
la luna rende la sua immagine di sfera sotto pergole
ne conserva il modo quell’altalena di bilanciere
nuovi della compagnia si addossano ai primi
una scomparsa affidata alle guardie solitarie tagliaboschi
villaggi ragnatela un tinno di campane profugo
e le rovine in fiamme dopo la passeggiata del mattino.

Sopra la testa succedersi le costellazioni.

Marzo 1971

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