venerdì 9 novembre 2012

Fiorangela Oneroso “Inoltre” Anterem Edizioni, 2010

Nel teatro inaugurato dal solo linguaggio, come avviene nel testo poetico, non stupirà vedere come si innalzi scenografia barocca tramite una profusione di elementi paradossali: le “azzeranti speranze”, le “risonanze sorde”, i “diramanti incastri”, la “solida rete”, le “lame animate”, l’”ostaggio disperso”. Che inoltre il paradosso voglia ottenersi tramite geometria ad attestare l’ovvietà dell’assunto, quasi a fondarne logicamente la legittimità, è davvero catturante. Su tale palco, quello creato da Fiorangela Oneroso in “Inoltre”, Anterem edizioni, 2010, il lettore viene irretito da musica suadente, da respiri  tronchi, anzi in tale scenografia è disegnato persino l’ancoraggio a “moli interstellari”. Il ribaltamento in un altro ordine temporale e geografico è compiuto, ora non ci stupiremo se i contatti frenano ogni moto, se tutti i nessi deviano dal consueto e tale macchina  è “avversa al puro pensare”. L’inclusione che qui si tenta è quella non solo di un analogico pensare, ma di un recupero dell’immaginazione, la quale è tangente all’emozione, al sentimento. Il disegno allora si palesa come avente lo scopo di riunire ciò che scisso era. Sarà per questo stato necessario divellere radicalmente la piatta linea dell’orizzonte conosciuto, radere l’ovvia sistematizzazione, introducendo  il rogo che subito ci richiama alla mente l’orrida fine di Giordano Bruno. Sarà da questo punto in poi che gli incastri, invece di serrare, si diramano verso nuove vie, vanno  a costruire nuove relazioni. Ora lo leggiamo chiaramente poiché:

Ingiuria e redenzione
al generale tono vitale
ai falsi giri
dello stabile senso
il tempo imprime,
mentre acre scatta
il richiamo dell’obiettore  
che lampeggia e sovverte
il desolato azzurrino
deposto sul suo fondo
generico e ceruleo
come impasto indurito
che ostinato perdura

Fra i fumi sentiamo l’odore “acre” della paglia che brucia, della distruzione che a morte crede di mettere una visione, ma vediamo anche che il nocciolo duro della sua dottrina resiste e persiste e giunge fino a noi, affinché da noi venga riconsiderata. Dottrina che omette qualsiasi separazione tra le materie, fra le quali si elenca persino l’infinito. La pluralità dei mondi si stringe in un solo anelito che respira all’unisono col proprio cuore, con la propria mente. Anzi ove la mente coincide con la materia, spostando continuamente il limite, si può apprendere che nessuna cesura è posta  e la parola è mediazione. In questo luogo, il tempo toglie e dà, tutto trasformando:

Quando giunge il tempo
in cui il vento fermo evapora
le future piogge
e disegna brevi rotte lineari
e stipula patti estenuanti
nel bianco stridore di tabulae note
giunge evocato e làcina
il basso strisciare
di spire gelate

Sebbene quasi sempre la poesia conservi in sé traccia del pensiero filosofico, qui, in quest’opera dedicata al filosofo nolano, la poesia si mostra infinitamente più duttile nel disegnare sotto i nostri occhi le connessioni che dagli assunti filosofici discendono. In questo senso si nega che ne percorra semplicemente le orme, pare soprattutto che lo verifichi, si faccia palestra, terreno di scontro o di contesa. In ogni caso questo tipo di operazione, che attualizza il pensiero mostrando come esso sia sempre contemporaneo, costituisce allo stesso tempo un modo di esperire qualcosa di non visto interamente, solo intravisto nelle sue plurime connessioni, nelle sue più impreviste relazioni. E’ come una membrana che mentre attualizza, colloca, mentre distanzia, avvicina.

Nel suo testo poetico, Fiorangela Oneroso utilizza parole che sono nel testo dell’ex frate domenicano: infinito, immobile, ordine, tempo, le quali valgono quanto intere citazioni da cui si diparte la sua raffinatissima costruzione poetica, che dall’universo tracciato da Bruno fa scaturire straordinarie, fascinose visioni, in cui, appunto, s’intreccia il finito con l’infinito, il mentale, con il fisico, il particolare con l’universale. Allo stesso modo funzionano da imbuto di risonanza le coppie nome-aggettivo: “il corpo infuocato”, “innumeri modi”, “furoreggiano inconsistenti figure”. Ma è solo per darsi slancio, prendere il volo e forgiare pregevoli versi, davvero risuonanti e capaci di restituire sotto altra forma l’ampiezza e la profondità della visione.

Il profondo perfetto
che brucia l’inabisso
è diverso dal rosso spinoso del fondo
e si riversa e ribolle
nella sua camera ardente
e vibra esaltato
mutato in polveri sciolte,
a sistema dissolto
preda del vento
che incerto fluttua a riflusso
e pervade di frammenti vuoti
il proprio stato di moto

Non sarà pedissequo rivisitare, visto che attualizzazione restituisce comprensione, verifica sulla e nella propria persona delle possibilità insite nella capacità visionaria, riportando alla luce le nostre sopite capacità di pensare, sentire e persino teatralizzare.
Ora, se un misto di pena e dispiacere per l’ingrata fine di una tal persona è ineludibile, la consapevolezza che ancora, però, tali “rugginosi congegni e gorghi” sappiano rivestire “con lattei veli / le buche storte del mondo” è di grande sostegno. Per tutti coloro che amano frequentare le altezze di un’immaginazione senza freni, capace di dare vita a innumerevoli mondi,  non è gioco fine a se stesso, poiché : “egregi menti / con lo sguardo stravolto / trovano ristoro /in intonaci d’oro”. Non eccessi relativi a inutili giri a vuoto, dunque, poiché “l’intimo lieve / si attesta in spazi giusti / e fecondi”.

                                                                                   Rosa Pierno

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