sabato 24 novembre 2012

Gilberto Isella “Preludio e corrente per Antoni” Salvioni Edizioni, 2012




Il primo dei due testi dedicati da Gilberto Isella ad Antoni Gaudì nella nuovissima raccolta “Preludio e corrente per Antoni”, Salvioni Edizioni, 2012, con le splendide incisioni di Loredana Müller Donadini, è del tutto inusuale, poiché prima ancora che effettuare una lettura dell’opera artistica avendo come guida l’opera di un filosofo (si pensi a Bonnefoy coi suoi numerosi testi sull’arte e in particolare a “Roma 1630. L’orizzonte del primo barocco”), qui si sente un architetto che parla con la voce di un filosofo. Crediamo di ravvisare il filosofo in Nietzsche e crediamo che alcune parole estratte dai suoi testi, al pari di un’ossatura, reggano e direzionino il senso con cui Isella intenda innervare il lavoro di Gaudì, quasi per esplicitare le sue nervature più sottili. Qualche esempio: “suono”, “senso”, “rancore”, “risentimento”, ”cammino”, “simulazione” “assoluto”, “nulla”. Singole parole, dicevamo, ma sostanziate a loro volta da un dire poetico che è un fiume in piena, irruento e profetico, che ha la forza di travalicare qualsiasi cesura o limitazione, che non si arresta nemmeno di fronte a quell’“incompreso irriso” che accomuna le due personalità. Il progetto di Gaudì, così come il pensiero filosofico di Nietzsche, supera d’un balzo l’idea corrente di costruzione, assomma a sé un senso nuovo, venuto fuori dall’azzeramento di tutto ciò che è precostituito e non solo simbolicamente. Le intersezioni attuate da Isella attraverso il linguaggio poetico, se ci consentono di ricevere in maniera amplificata il messaggio insito sia nelle opere del filosofo sia nelle opere dell’architetto, grazie a una straordinaria capacità osmotica di far trapassare dall’una all’altra qualcosa, nonostante le due forme espressive utilizzino mezzi irriducibili l’uno all’altro,  avviene proprio tramite un terzo mezzo che è la poesia, la quale essa stessa, a sua volta,  si fa promotrice di un nuovo dire.

Nel secondo testo, “Corrente”, ove il ritmo plasmato da Gilberto Isella plana e si distende, l’ottenuta rarefazione  isola, contrariamente a quel che avviene nella prima sezione, ogni parola rispetto  a cui l’unità della costruzione (e si badi qui sempre alla doppia lettura dell’opera architettonica e del testo filosofico) pare quasi utopico obiettivo. Anche qui saremmo indotti a tentare una lettura che veda nel metodo delle scienze positiviste una lente di rifrazione atta a catturare esattamente ciò che da tale descrizione sfugge. Restiamo sempre nell’orbita nietzscheana, ma verificandone la tenuta da un opposto punto di vista.


occulta sotto maschera di zinco
gaudiosa profezia
                                      muove misura e calcolo
mentre rovente l’involucro cola
                                      sulla spianata


Riconosciamo, fra i molteplici livelli di lettura a cui i testi poetici di Isella danno luogo,  quello prioritario della ricerca volta a lavorare sui limiti del linguaggio, saggiando le specificità linguistiche che i vari domini della conoscenza - filosofia, scienza e arte  - mettono a punto.  Va da sé che quando si sperimenta un linguaggio  teso all’estremo, la realtà si agglutina, pare per un attimo che si raggiunga l’unione degli opposti  in un modo affatto nuovo:

                     a trascrivere
le congiunzioni possibili

lì in arnia di corpuscoli
sfibra però l'agire
la fortuna magmatica incombe

anche la pagina d'aria dirupata
anche la volta focomelica
     
Potendo effettivamente credere che sotto i nostri occhi l’opera-pagina e l’opera-architettonica siano fatte del medesimo materiale. Miracoli del linguaggio. In ogni caso, della poesia.

                                                                   Rosa Pierno

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