martedì 11 dicembre 2012

Tiziano Salari “Una luce straniera” inedito, 2012


Il rapporto scrittura/filosofia si attua nel testo inedito Una luce straniera (2012) di Tiziano Salari, composto da 14 paragrafi, attraverso una sorta di collisione tra il lessico del linguaggio comune e quello specialistico appartenente alla filosofia. La sintassi, infatti, vi appare raccorciata, ridotta al minimo, e i lessemi ‘vuoto’, ‘nulla’, ‘pensiero’ sono l’unico baluardo posto ad attestare   che la questione centrale che vi si dibatte sia quella dell’insondabile rapporto filosofia  ed esistenza.

Se apparentemente vi è “da una parte il niente e dall’altra la presenza solida sicura certa” delle cose, pure il vuoto circonda siffatta concretissima presenza, la assedia, e dunque, introduce per questa via una crepa nel fondamento. Ma è una crepa linguistica, la quale mette in dubbio così che ci sia una reale collisione. Trattasi di questione puramente rappresentativa: del modo in cui cioè si vede e si restituisce qualcosa.

Tant’è che la filosofia, insediata nella realtà come un oggetto normale, la fa franare, ma anche la costruisce, diventa letteralmente materiale da costruzione. Spesso imbarbarito fino a liquidare il senso in un ingranaggio che gira a vuoto, il linguaggio filosofico mostra le sue trame consunte, e così acquisiscono la funzione di veri e propri puntelli il sole e l’azzurro, l’acqua, contro le articolazioni troppo astratte del linguaggio filosofico, quando sia poco ancorato alla sostanza. Morte, d’altronde, è il semaforo che ci dice che siamo all’interno di un’area che non riguarda l’esistente: i greci pensavano infatti che non la morte ci riguarda, ma solo la vecchiaia e duramente.

Ma in questo testo, mai bisogna credere che non si sia su un terreno minato: ombra e luce non stanno dalla parte dell’esistente, ma sono cartine di tornasole, segni disposti sulla carta. In aggiunta, ciò che luce e ombra illuminano o nascondono è l’io dell’autore. Si innesca dunque, in questo testo che si palesa come autobiografico, uno spostamento di equilibri e ora la bilancia pende nuovamente dalla parte della simulazione rappresentativa. Ma si è davvero ancora mai posizionata dalla parte dell’esistenza?  Ancora, non ci ingannerà il fatto che l’autore sembri stupirsi del fatto che vivendo, mentre è abbacinato dai ricordi giovanili di una giornata al lago, si trovi che “ci sia qualcosa piuttosto che il nulla”.

Notiamo che nel seguitare della lettura, la scrittura si fa leggera, trasporta e paia che lo faccia ingenuamente. Rallenta nel compiere descrizioni, prende tempo, si rilassa, giusto il tempo per consentire a un presente non amichevole di irrompere con il suo carico di dolore, che la vecchiaia che avanza con il suo carico di verità fuori moda comporta. Cadranno più facilmente i puntelli, non saranno sufficienti i sacchetti di sabbia ad arginare credenze e assolutismi. Il corpo reclama. E ora più di prima. Credo che sia questa la questione rilanciata da Salari. Se si deve filosofare, bisogna ricominciare da questo punto.


6

e se i posteri fossero stati ancora più ignari dei contemporanei
difficilmente lo avremmo potuto sapere
e neppure c’era in noi la certezza di essere nella verità
quella che aveva sostenuto Spinoza nella sua solitudine
a noi mancava la convinzione assoluta della metafisica
ondeggiavamo da verità a verità in uno spirito infinito di ricerca
e senza che nessun dio futuro ci aspettasse sull’angolo della strada
a farci cenno a indicarci la giusta direzione
a sostenerci con la forza possente della fede
e dunque in che cosa avevamo fede altro che nella provvisorietà
del giorno per giorno della nuda vita senza verità
in cui avevo visto morire padre madre e fratelli
accompagnati dalla cristiana inettitudine del confidare nell’al di là
il supremo risarcimento del nulla dopo la morte
e ora che sono qui seduto a ricordare
dirmi che ho sbagliato tutto che altra
avrebbe dovuto essere la mia vita altra
l’attenzione dovuta a questo mio unico corpo
altro il rispetto per i miei contemporanei e il vuoto
delle loro scempiaggini…ho sbagliato
tutto ma non sono pentito…
mai ho suscitato in me dei vili pensieri
per accattivarmi il mio tempo e ottenerne
dei favori…e pur sapendo che i posteri
forse ancora più ottusi
non avrebbero rimesso le cose a posto e cieca
la mia tomba non avrebbe parlato al mondo
pur di avvicinarmi al nucleo abissale del vero
mai  avrei rinunciato a penetrarlo a sporgermi
sull’abisso senza una mano sulla spalla
che mi proteggesse fino a trattenermi
dal cadere nell’immensità dal danzare
in mezzo all’incendio di tutte le verità.


Se tutto vien voglia di rimettere in discussione, se si ha la certezza di aver sbagliato, di aver creduto a cose che ora mostrano il fiato corto, allora deve essere stato commesso un errore nel credere al disegno sistemico, alla sua totalità. Ma, intanto, che cosa si potrebbe dire di questa scrittura che tende a essere pienamente filosofica con in più l’abbaglio della confessione, il tono autobiografico, la deriva letteraria. Giacché anche questo è un versante problematico, su cui occorre spendere qualche parola.

10

talvolta non so dove afferrarmi per non essere sradicato.
dico sradicato dalla quotidianità, dallo spazio che mi contiene, dal tempo che corre lento e veloce.
non esistono appoggi.
l’epoca non presenta appigli per l’individuo isolato e neppure per le masse opache, inerti, moltiplicazione indifferenziata di individui isolati.
tutto ciò che è stato preannunciato si trova ad essere compiuto.
il mondo come Totalità.
retto da un’unica legge che tende all’identità, al superamento delle differenze.

ora, essendo stato marchiato nella mia identità, avendo dovuto strapparla e coltivarla in mezzo  a un ammasso di forze contrastanti, non posso fare altro che constatarne la separatezza, e quindi l’impossibilità d’influire sul processo complessivo.
da una parte l’io un io e dall’altra parte il Mondo.
soggetto e oggetto.
un soggetto sempre più evanescente e un mondo sempre più vasto e opprimente.
un soggetto che tuttavia non si fa assorbire dal mondo, che oppone resistenza.
resistenza pura e semplice, che non fa che accrescere il suo isolamento.

Vi si coglie che rispetto alla sistematica assertività del soggetto filosofico,  il soggetto letterario si posiziona lateralmente, è aperto alle correnti, a una certa rilasciata  postura, a una incertezza che dichiara insicurezza ma non reclama più risposte. Anche quando l’io esistenziale venga letto attraverso le conoscenze filosofiche, resta come un’aurea di molteplici possibilità, di ramificate vie che mostrano più discontinuità che suture. Anzi, è persino la ribellione al codificato che Salari issa come bandiera, andando a disegnare inevitabilmente il confine fra due terre che non si toccano. Nessuna possibilità di scelta, né di leggere chiaramente e definitivamente ciò che umanamente ci contraddistingue, né alcuna possibilità di aderire alla conoscenza filosofica, menzognera passione. Se resta frattura tra spirito, che rimane identico e corpo che invecchia, sarà solo il livello di consapevolezza, come un arco teso tra finito e infinito, a salvare, a placare.
           
                                                                     Rosa Pierno

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