venerdì 26 luglio 2013

JEAN-HONORE FRAGONARD


Ribollenti e avvolgenti sete, enfie di aria intrappolata nella trama, spumeggiano attorno alle cosce e al seno, mentre tende ricadono pesantemente a chiudere la deliziosa scena del cagnolino stretto dai piedini e allontanato con vezzo dalla meta.

Non si è ospiti disattesi in questi interni impenetrabili. Padrona e cane, sebbene sorpresi, si lasciano cogliere nella loro intimità da uno sguardo sacrilego. Fiori con biglietto sono stati recapitati e appaiono gettati alla rinfusa sul tavolo, disordinati come le sensazioni che hanno provocato.

Non si vedono mai donzelle che non abbiano vesti intorcinate, rigonfie e spiegazzate.  Seriche stoffe non ricoprono le membra, ma le svelano, esaltandone rivolgimenti e palpiti.

Confessione d’amore è interamente disegnata dall’arco flessuoso che il corpo di lui assume per suggerirle che il suo cuore è da lei preso al guinzaglio, mentre lei sta ricevendo il dono d’amore con aderente accoglienza e statua, che la doppia, si muove verso l’uomo con compassionevole orecchio. Amore non duole in questo giardino di amorosi sensi, di recita gentile, di vicendevole scambio delle parti.


Cane sdraiato ai piedi degli amanti conferma la serena evoluzione della vicenda. Sul gruppo chiome arboree si chiudono a rimarcare un inutile quanto vezzoso cuore. Ombrellino, gettato fra i rami, non serve allo scopo. Finché non si uscirà dal quadro si resterà al riparo dalla storia. 

Che amore è mai quello che si dispiega sui decori della porcellana, sugli arazzi e sui cuscini? Tali oggetti ricordano, ora, come petali disseccati su ventilate sete, che l’amore è svanito. Pure, gli amanti, appena qualche ora prima, avevano ben altro avvenire: erano immersi in un’avventura assoluta, condotta in terre estreme, nel punto in cui il sole sorge e tramonta nel volgere d’un solo sguardo.

Dei non si differenziano dagli umani per alcunché, seduti su soffici tappeti d’erba, circondati da rami fioriti, lenzuola vaporose, balaustre di marmo e vellutati mantelli. Nemmeno l’eternità  funge loro da segno distintivo: agli umani in amore, infatti, neppure quella manca.


Si scambiano rapidi furtivi baci, poiché lei è spinta dal desiderio verso di lui e, contemporaneamente, è attratta da una piacevole conversazione che si svolge nella stanza accanto. Amanti non possono restare a lungo su tale confine. Dovrebbero cadere come masso che rotoli su uno dei due versanti, ma i due fidanzatini restano in paradossale ridicolo equilibrio.

Ritrattista guarda, spia, desidera e afferra quel che può con mina di piombo. Carta non equivale a roseo corpo né a carnali parole.

Bagnanti sono il sogno  persistente del pittore. Carni tremule che assumono il medesimo rollio delle acque scosse a loro volta dalle membra che vi si agitano  e chiome che frusciano per induzione, per echeggiata conformazione. Vento avrebbe poco da aggiungere. Chi si ama, sui prati, agita il quadro con perenne moto.


Floride carni, sode, fra viscide erbe, colte nell’istante in cui il temporale s’appresta. Fra le verzure intrise d’acqua e le tonalità ocra delle membra all’ombra, dee o donne, la distanza è fittizia.

Rosseggianti tende contro verdeggianti fronde: ivi, solo carnagione rosea può essere colore di raccordo.

                                                                       Rosa Pierno

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