lunedì 18 luglio 2016

Isabel Pavão "Ten impressions of rose and sea" con poesie di Nuno Iúdice. Pagine d'Arte, 2016







Il fluido che scorre nelle venature della  vegetazione marina, nei quadri della pittrice portoghese Isabel Pavão, irradiandosi dispensa colore e volume. Rende il foglio, erbario di alghe e coralli, nuovamente sottese alle correnti profonde.

Le immagini costruite tramite una simmetria realizzata da quattro specchi che, replicando una parte dell'alga o della rosa ne ricompongono la figura, evidenziano che in realtà quella rappresentata non coincide con la figura intera riscontrabile nella visione reale. La simmetria è un altro modo di pensare, appartiene a un altro ordine di idee, e tale distanza equivale, in qualche modo,  a quella che esiste tra segno nell'immagine visiva e segno nella scrittura.

A volte, nel cuore dell'immagine c'è un quadrato ruotato che sembra una porzione del medesimo oggetto, ciò che sarebbe visto al microscopio o da una distanza siderale, è lo stesso. Quando si parla di segno, si compie un'astrazione. La sua contestualizzandone può subire un'oscillazione anche forte in funzione dei diversi contesti interpretativi. La perfetta macchina costruita da Isabel Pavão mostra il funzionamento di un segno che gioca a più livelli, che non blocca il segno nella sua fissità, ma ne rilancia l'interpretazione, scatenando domande, e facendo scattare il moto nel cuore della visione su carta.

È sufficiente vedere quello che accade quando all'interno di un'immagine se ne seleziona un riquadro, colorando diversamente fondo e oggetto: in questo caso, fondale  e nervature, il che equivale alla sovrapposizione di un vetro colorato. Cambia il mondo, variano le sensazioni, quasi la materia non sembra più la stessa. Il riconoscibile, ciò che ci è familiare, diventa analogo ad altre cose, anche molto distanti,  mentre rende estranee le altre aree,  non coperte dal "vetrino". Nulla dovremmo mai dare per scontato. La realtà non è che un modo di vedere/pensare  e mai dovrebbe dipendere da un'abitudine, da un atteggiamento privo di curiosità. Ciò che vediamo in un quadro non esiste. Ma all'improvviso fa parte di noi.

Allo stesso modo l'operazione che il poeta portoghese Nuno Júdice compie, guardando le opere di Isabel Pavão, è simile  a quella di seguire le tracce di un eco: non è un'operazione che possa ricucire le distanze. Lo dice splendidamente Yves Peyré che commenta, nella postfazione, l'incontro di arte e poesia: "L'incontro nell'utopia della certezza", poiché tale incontro eppure avviene.  Il testo insegue la visione, eppure seguendo se stesso, le proprie parole, e rimanda a sistemi culturali proliferanti che si sommano e si ammagliano senza però che mai il bersaglio possa dirsi colpito. In fondo, non si tratta mai di centrare il senso, ma di costruire la rete dei lemmi, della proliferazione del senso e mai come in questo caso le venature linfatiche di Isabel Pavão sembrano sostenere quelle letterarie di Nuno Iúdice:

Un compasso de nervuras percorre cada
ângulo numa crispação de ramos. Suspenso
no quadrante celeste de onde
o sol se ausentou, o prumo do amor
rege um movimento de braços
no emaranhado dos ramos, como
gestos leves no silêncio
dos lençois.

Una vicinanza ineludibile forgiata dallo sguardo determina un'ostinata distanza nelle ramificazioni del senso poetico, disegnando una rete non meno fitta e ricca di rimandi, qual è di fatto quella presente nei quadri. La sapienza con cui il poeta segue l'artista non è certo meno edotta né meno complessa. Se la divisione in riquadri, nei quali si percepisce non si sa bene se una micro o una macro porzione, rinvia, nelle tele, all'esistenza di diverse realtà, ciascuna dotata di un proprio statuto, nella poesia si dà fondo a impressioni letterarie, visive, memoriali riferite a più realtà contemporaneamente. In tali stratificazioni pare allora di poter cogliere la vicinanza delle due operazioni, il luogo in cui attingono, arte e poesia, alla medesima sorgente.

Certi meravigliosi incontri ci rendono edotti sulla miriade di reti con cui formiamo la nostra realtà percettiva e ci fanno solo desiderare che certi incontri impossibili siano all'ordine del giorno, come da anni ci va proponendo il lavoro di ricerca di Matteo Bianchi e Carolina Leite su tali universi smisurati, frutto di una simmetria d'intenti.

                                                                                   Rosa Pierno



www.paginedarte.ch

Il volume è redatto in portoghese, francese e inglese


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