giovedì 23 marzo 2017

Maria Grazia Insinga “Etcetera", edizioni Fiorina, 2017





https://www.fiorinaedizioni.com/

Abbattuti i confini tra umano e divino, la favola incombe occupando l'intero spazio e i reliquiari ora divengono ceste di simboli, i quali, avendo perso la loro collocazione funzionale, restano a galleggiare nell’aria liberati dalla forza di gravità dei diversi contesti.
Ex-voto, rami di corallo, cuori, seni, calzari, in bilico tra i regni della religione e della mitologia, se sembrano roteare nell'aria senza ancoraggio sono anche contemporaneamente disponibili a un nuovo uso, ad assumere, pertanto, una nuova significazione.
La macchina che abbatte tutte le separazioni esistenti tra i regni - ove alcune  delle cesure precedenti erano il frutto di un'attività separatrice derivata dalla necessità della classificazione scientifica aristotelica o di contesti che per la loro complessità semantica e per le loro caratteristiche ibride, mal  sopportavano la presenza delle categorie, - è al centro del nuovo libro che Maria Grazia Insinga ci consegna sotto forma di pregevole leporello nelle edizioni Fiorina.
In ogni caso, sia le separazioni, sia l’indistinzione fra le classi sono il frutto dell'invenzione umana e per questo si può parlare di un'ombra estetica che  ricolora tale scenario, donandogli una maggiore profondità
La Insinga restituisce a questi separati regni una contiguità che ripristina la loro interezza, costituendo un unico serbatoio da cui scegliere per ridonare una seconda vita ai materiali e conferendo loro, in tal modo, una duttilità che consenta al suo gesto poetico di tracciare un nuovo disegno, più adeguato a rappresentare la visione che la poetessa siciliana ha della realtà.
Tuttavia, è proprio grazie alla polisemia straniante che i simboli assumono con questo atto ricostituente - e l’imprecisione è parte integrante del riconoscimento della complessità irriducibile dell’oggetto - a far loro acquisire il potere di trasformare le contraddizioni in una logica dell’assurdo. Non siamo di fronte alla costituzione di un nuovo sistema, poiché vi è  la volontà di non espungere i significati oppositivi, di conservarli, cioè, come necessari, come risultato definitivo.
Sfilano dinanzi agli occhi il mostro e la bella, la fine che non si conclude mai e l'inizio che non può aver luogo. La divinità è declassata dalla sua incapacità di  non poter "toccare terra", la bestia è un'invenzione più vicina all’umano di qualunque altra cosa, che sia mostro mitologico o ridotto al rango di vittima nella favola popolare, mentre il personaggio dell'avvelenatrice sembra essere colei che se avvelena con il suo pensiero separatore, è anche colei che consente la circolazione tra i regni finalmente comunicanti. È la madre che genera, ma è anche la terra percorsa, è mostruosa a sua volta, oltre che dispensatrice di beni. In un formidabile nodo che stringe materiali distantissimi, Maria Grazia Insinga ci offre una possibilità che a ogni passo si svolge in una negazione per aprirsi alla variazione. È per questo che abbiamo parlato di arte e, naturalmente, un’arte che mette in comunicazione varie forme espressive!

                                                                                         Rosa Pierno


LA DEA



                         ora che lei è relegata
                             a divinità ora che lei è
                             legata da divinità ora
                             che lei è relegata a


il sole non è degno di splendere

sul suo capo ma l’altra dall’altro
capo non ha eppure splende
e dovrà sette anni digiunare
in totale oscurità fustigata
da guardiani a difesa di protocollo

ma non ricordo più il perché 

il sole sul suo capo ma l’altra 

splende e splende sette anni


                             se un cane entra nella casa
                             il cane è ucciso


l’altra è incoronata senza testa e corona
da quel momento cammina sulla tigre 

e il piatto d’oro e per i resti e la vita 

non permetterò ai suoi piedi di toccare

nuda terra: per calzari pelle di cinghiale

assi di legno tappeto di foglie i miei piedi

a scaricare al suolo tutta quella divinità
carica di elettrico isolamento non è 

cosa di isole detonare è togliere tono 

a suono a suolo e rimangono allora
tabù reliquie micce feticci e fuochi

1 commento:

Giovanni Spinicchia ha detto...

Un esordio di poesia, entro cui si coglie un desolante sgomento di stilemi che denudano denominatori comuni del nostro tempo, quale superficie di quel gioco umano che denudandosi della fatica si tramuta in pigrizia, e il poeta, come l'artista vanno cercando nuove terre cui approdare.

La poesia di Maria Grazia Insinga unitamente ai discepoli della "Balena di Ghiaccio" aprono le porte a questo nostro tempo, consapevoli che occorre fatica, studio, dedizione, pazienza senso sacrale dell'essere e del divenire.

Auguro a Isolario editore Fiorina la continuità della ricerca delle rare poetiche pepite.