martedì 21 novembre 2017

Tre poesie inedite di Fabio Poggi (finaliste al Gozzano 2017)




Dire che la matematica abbia a che fare con la percezione non è equivalente all’affermazione che essa sia bella. La bellezza della matematica è un concetto puntuale, contestuale, relativo solo ad alcuni aspetti: l’equilibrio, la simmetria, ma non equivalente, appunto, al concetto complesso di bellezza che vige in arte. Ora, però, che Fabio Poggi, nelle sue tre poesie inedite, vada a effettuare le sue ricerche di laboratorio nell’ambito dei perfetti è atto che significa voler misurare la distanza esistente tra concezione astratta e percezione, ove quest’ultima, seppur condivida l’area concettuale nei suoi costrutti, non ha però ancora perso la sua valenza sensoriale.

Una poesia tutta costruita sull’oscillazione esperibile tra dato noto,  chiuso,  e soggetto che riceve, elabora e restituisce una conclusione diversa. Che il suo moto dialogico, “non in presenza”, tutto mentale, sia frutto del ricordo, di un intervento sistematizzante tra i dati spuri dell’esistenza, ove un adulto, nel caso della prima poesia, ricostruisce l’esperienza inespressa di un bambino, ci prepara a comprendere, attraverso, ad esempio,  l’associazione dell’aggettivo “tondo” al sostantivo “zero”, oppure alla presenza di inaspettati suoni quando si pensi ai numeri, la non corrispondenza tra ciò che dovremmo imparare e ciò che esperiamo, ci conduce proprio, dunque, sulla soglia della complessità.

Ribaltata sul versante della scrittura, nella seconda poesia, allo stesso modo, la razionalità presunta dei critici o dei chimici che siano, ci consegna l’eccesso incollocabile: “l’imprevisto, / e l’oscuro, / il malposto”. Ove un giudizio, di fatto, non può riassumere la polisemia linguistica.

E, forse, lo scarto maggiore, se parrebbe risiedere nel solco che separa i vivi dai morti, consegnatoci dalla terza poesia, ci sembra essere addirittura minore per la sobria eleganza, la semplice limpidezza che Fabio Poggi sa trasferire - ancora una volta in un dialogo privo di interlocutore reale - tra materie che mostrano, forse solo nella loro relazione, la vera essenza della complessità. E abbiamo ben inteso, che molteplicità in arte come nella lingua equivale a non riducibile. Nel senso che essa non sta solo da una parte, nel seguire un ramo anziché un altro, ma nel serrare i ranghi fra le diversità, nel volerli accostati per dire di più. Mirabile la costruzione senza cedimenti e smagliature di un linguaggio poetico diafano, trasparente, esemplarmente adeguato al contenuto della totalità per la sua voluta contraddittorietà.

                                                                      Rosa Pierno



Tre poesie inedite (finaliste al Premio Gozzano 2017)


ti ho detto una bugia
prima dello zero nessuno cade giù
non ci si fa male:
è un numero tondo fra altri dritti e semitoni 

alla sua sinistra si va spediti, Antonino

vedo che sul quaderno hai messo del nuovo 
ha tutti i suoni di un mondo
il tuo poco scrivere:
al nome da cui chiamano
ribatti di scorcio
però oggi come le spari forte 

le tue lettere dal balcone, 
Antonino!

hai chiuso gli scuri
sbirci di nuovo sottozero: 

apri le dita ma non riesci 
a indietreggiare,
non trovi cifre nere 

nonostante lo zelo
hai finito le falangi...

inestimabile
il momento:
la tua matematica
che solo puoi immaginare 

la tua matematica che 
sembrerebbe
elementare





gli autori
sono assiepati sulle mensole
in minime piazzole di campeggi sottovento 

i lettori
seduti al loro fianco
vicini precisi di tenda
tengono bassa la radiolina


esterno calmo e noncurante 
eventuali i rumori
e interni
coagulo acustico
brusìo da banco frigo
di quando si sceglie o si lascia


nel bisbiglìo
di chi sta per scrivere
tra siepi fitte di carte
e tavoli numerati
le penne sono aperte la mezz’acqua a paletto 

il pc caldo d’aria è socchiuso:

di sera passeggiando 
tra i sonetti
le pagine
carezzano,
ma di fronte sei chimici in marsina 
si guardano
e diranno
appena la tabella sarà voltata


le cose
che esistono già da prima


l’imprevisto 
e l’oscuro
il malposto,


solventi




padre che non chiedi a me 
l’avevi visto un giorno
che sarei stato?
dopo il funerale, quel giorno 

e negli anni
quando qualcosa vola 
è perché passi
e disegni
un merlo affaccendato


stare muti negli anni
svaniti a mano a mano i nostri suoni 

è un peso
che ancora cade


le volte che passo al cimitero 
non so mai cosa portarti 
però entro
ti sfioro la fronte
ed esco sempre con
la domanda: 

guardami oggi, guarda 
come ti somiglio
e sono un altro





Fabio Poggi (1972), insegnante, architetto, dottore di ricerca in Urbanistica (Venezia, Parigi), cofondatore e performer di Augenblick augenblick4.tumblr.com, collettivo di videodanza presente nelle principali rassegne internazionali di settore (Su misura https://vimeo.com/113782277) organizzatore di Stories We Dance, festival internazionale presentato annualmente a Genova. Oltre che del dialogo fra schermo e danza contemporanea, sulla quale sta seguendo una formazione specifica, Fabio Poggi si occupa in quanto saggista del rapporto fra performance artistica e spazialità: Boni F., Poggi F., Sociologia dell’architettura, Carocci, Roma, 2011; Poggi F., Architettura, città, danza. Il ruolo dello spazio nella creazione, ricezione  e analisi di performance artistiche, in "Studi culturali", Il Mulino, Bologna, 2014, pp. 3-28. Suoi testi poetici sono stati selezionati per l'antologia Il corpo segreto curata da Luigi Cannillo, Lietocolle, Faloppio, 2008; per l'antologia Haiku in Italia, Empiria, Roma, 2017. È risultato finalista per la sezione poesia inedita del Concorso Guido Gozzano ed. 2017.

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